Firmato Xav. Della Gatta in basso a destra e datato 1795
L’attività artistica di Xavier della Gatta può essere definita solo per ampi tratti, a causa della scarsità di riscontri documentali, e va dal 1777, anno in cui il suo nome compare in un documento come allievo di Jacopo Cestaro presso l’Accademia del disegno, al 1827, anno di datazione delle sue ultime opere conosciute. É certamente noto invece il ruolo fondamentale svolto dal pittore quale divulgatore attento delle tematiche artistiche della seconda metà del Settecento, originariamente rivolte solo ad una ristretta élite di persone colte ed appassionate, e divenute poi accessibili a un pubblico più vasto ed eterogeneo, quello della borghesia intellettuale e commerciale che dagli ultimi anni del Settecento orienta le tendenze del gusto estetico in tutta Europa. Ottimo disegnatore e sensibile interprete della pittura all’acquerello, è soprattutto nelle sue due varianti, tempera e gouache, che Xavier della Gatta raggiunge esiti di qualità assoluta, reggendo il confronto con pittori come Giovanni Battista Lusieri, Pietro Fabris e Philip Hackert. In realtà il collezionismo di fine Settecento aveva riconosciuto a della Gatta qualità artistiche che andavano ben oltre la semplice replica di modelli pittoricamente vincenti. Il dipinto che qui si presenta ci permette di definire meglio e in maniera definitiva la poliedrica produzione e la versatile capacità tecnica di questo artista, capace di misurarsi anche con la pittura a olio con magnifici risultati. Infatti, se si fa eccezione per qualche dipinto che o reca tracce di firma riconducibili a della Gatta o è a lui attribuibile, questo è, al momento, il più importante riscontro della sua maestria anche in questa tecnica pittorica.
Cfr: A. Borzelli, L’Accademia del disegno a Napoli nella seconda metà del secolo XVIII, in Napoli Nobilissima, IX, 1900, fasc.VII, pag.110-111C;
C. Knight, La quadreria di Sir William Hamilton a Palazzo Serra, in Napoli Nobilissima, XXIV, 1985,fasc.I-II, pag. 45-59C;
C.I.M. Williams, Lusieri’s Masterpiece?, in The Burlington Magazine, CXXIX, 1987, n. 1012, pag. 457-459