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Articolo di ELLE del 06 gennaio 2020
Estratto da ELLE
Chi sceglie il prezzo di un'opera d'arte? (Con annesso identikit del collezionista d’arte contemporanea oggi)
Banane da 120.000 dollari, collezionisti che scrollano su Instagram, rivoluzioni femministe... Memmo Grilli e la faccenda della Banana di Cattelan (e non solo) spiegata bene
Se anche voi quando visitate una mostra di arte contemporanea vi sentite un po' come Alberto Sordi e Anna Longhi a La Biennale di Venezia nella celebre scena di Dove vai in vacanza? non temete. Tra banane vendute a 120.000 Euro (vedi Maurizio Cattelan ad Art Basel Miami) e gallerie che hanno più followers di una fashion-influencer l'arte contemporanea non smette di fare parlare di sé; e no, non solo gli addetti ai lavori...
Per cercare di capirci qualcosa abbiamo chiesto aiuto a Memmo Grilli, direttore del dipartimento di arte moderna e contemporanea di BLINDARTE, una delle più importanti case d'asta italiane con sede a Napoli che ha fatto notizia per aver battuto all'asta un ready-made di Rauschenberg per un valore di circa 630.000 Euro. Ha fatto, però, ben più notizia e clamore mediatico la banana di Cattelan, nonostante il valore di mercato inferiore (l'opera del nostro Maurizio è stata battuta, infatti, per "soli" 120.000)... perché? Qui di seguito la risposta a questo e altri quesiti decisamente "contemporanei".
Ci puoi fare l’identikit del collezionista d’arte contemporanea oggi?
Allora, non sono un grande fan delle generalizzazioni, ma diciamo che nel tempo ho notato alcuni punti in comune che rendono possibile dividerli principalmente in due categorie. Da un lato ci sono i collezionisti spinti dalla passione per l’arte e dal desiderio di possedere opere di un determinato artista o di una determinata corrente, che approfondiscono e sono grandi conoscitori dell’artista per cui nutrono interesse. Dall'altro i collezionisti che acquistano opere d’arte contemporanea con lo scopo specifico di investire risorse economiche, sperando in un prossimo guadagno.
È importante riflettere sul ruolo di entrambe le tipologie dei collezionisti: sebbene a prima vista il collezionista appassionato, attento, colto e selettore studioso, sembrerebbe l’unica vera figura di cui necessita il mondo dell’arte; è il collezionista investitore che immettendo grandi capitali nell'arte contribuisce in misura sostanziale alle oscillazioni del mercato e al maggiore successo di tanti artisti, a volte inatteso visti anche il curriculum e la giovanissima età di alcuni. Tali capitali, molto grandi in certi paesi, meno in altri, stanno modificando (e hanno modificato) rapidamente il mercato dell’arte.
Le donne collezioniste hanno influito più delle donne artiste nella storia dell’arte? Penso a una Peggy Guggenheim nel passato o a una Patrizia Sandretto oggi…
L’importanza di figure come Peggy Guggenheim per la storia dell’arte contemporanea occidentale è indubbia. Ed effettivamente la storia dell’arte meno recente appare molto ricca di uomini e piuttosto povera di donne. C’è da dire però che accanto a tanti uomini artisti o collezionisti ci sono state spesso donne (compagne, amiche, muse) di cui si è parlato meno ma che hanno condiviso scelte e contribuito ai traguardi raggiunti. Nel mondo contemporaneo invece ci sono molte donne artiste, curatrici, critiche, collezioniste, e forse ancora di più galleriste che stanno influenzando attraverso il proprio lavoro e la propria ricerca il mondo dell’arte. A mio parere oggi si stanno affermando diverse personalità fluide, che non amano definizioni di genere e che oggi più che nel passato influenzano molto il pensiero artistico, aprendo la mente riguardo ai limiti in cui tali definizioni possono costringere.
Come Instagram e la notiziabilità fast-food che il giornalismo online non può che assecondare sta impattando sul mercato dell’arte e di fare mostre? Penso banalmente all’instagrammabilità delle mostre che ne determina il successo più di altri aspetti eminentemente curatoriali vedi Fontana all’Hangar Bicocca….
Certamente gli operatori del settore sanno bene che il fatto che un’opera sia molto presente sui social non è indice di qualità, ma comunque portano sempre più attenzione a questo dato, concentrandosi sui post delle persone che stimano. Il pubblico dell’arte si è enormemente allargato negli ultimi tempi e continua a crescere. Attraverso i social ognuno ha la possibilità di mostrare ciò che vuole, divulgare la propria opinione su quello che vede ed essere giudice supremo del proprio profilo. Spesso capita che persone vanno a vedere mostre, fiere o partecipano a eventi artistici anche per poter pubblicare immagini sul proprio profilo ed informare i propri followers di aver partecipato.
C’è chi lo fa per mestiere (influencers) e chi lo fa per piacere, fatto sta che il veicolare sui social le immagini delle mostre e delle opere d’arte ha generato una misura del successo e del gradimento. Questo però non ha nulla a che vedere con la qualità della mostra, né degli artisti. Vedere una mostra sui social certamente non potrà mai sostituire la visita diretta. A parte l’evidente differenza con la visione diretta delle opere, anche la curatela di una mostra è essa stessa un’arte che richiede necessariamente al visitatore di percorrere il percorso espositivo attivando tutti i propri sensi per poterla apprezzare a pieno.
Perché c’è una rinascita del ready-made a livello di vendite? Mi riferisco al vostro Rauschenberg che avete appena venduto, ma anche alla oramai famosissima banana made in Catteland…
Il ready-made è presente nel mondo dell’arte ormai da più di 100 anni e gli artisti ripropongono continuamente oggetti ritrovati come opere d’arte, con più o meno successo. Nella recente trovata genialoide di Maurzio Cattelan lo scopo ben raggiunto è stato quello di avere una altissima attenzione mediatica, incurante che l’oggetto della comunicazione sia effettivamente di grande qualità artistica (come magari lo sono sue opere precedenti, a mio giudizio più interessanti). Oggigiorno è la notorietà che porta al successo e alla vendita, sembra voler dire Maurizio, ed il meritato successo gli da in questo senso ragione. Nel caso dell’importante lavoro di Robert Rauschenberg, aggiudicato nell’ultima asta della BLINDARTE per quasi 630.000 euro, la qualità è altissima.
In questa rara opera si recuperano i più profondi valori della pop-art americana, all’epoca da poco sbocciata e ancora vista con grande diffidenza, e del ready-made attraverso l’utilizzo di comunissimi cartoni, tanto comuni che l’artista dichiarerà di non conoscere ancora un posto in cui non ci sono. I cartoni stampati e utilizzati per il trasporto di prodotti (nel caso specifico la nota marca di candeggina) vengono però sapientemente rielaborati e assemblati dall’artista per creare delle raffinate e imponenti sculture a parete in grado non solo di comunicare alle masse, ma di stimolarle culturalmente con una ricerca colta che, a distanza di tempo, resta attuale. Questo lavoro ha dei celebri precedenti, come la famosa chitarra di Picasso in cartone del 1912.
Come si forma concretamente il valore di mercato di un’opera d’arte?
Picasso diceva: un'opera d'arte vale quanto un collezionista è disposto a pagarla! Questa frase è ancora attuale, ma nel tempo si sono sempre più delineati i criteri che vengono costantemente utilizzati da noi professionisti del settore per esprimere un giudizio sul valore economico delle opere d’arte. Ovviamente i criteri provengono da alcuni dati specifici, tra questi: autore, tecnica, anno, dimensioni, soggetto, esposizioni, bibliografia e provenienza. Ad esempio, 2 opere dello stesso autore possono avere valutazioni enormemente differenti se cambiano anche solo alcuni dei dati delle opere da valutare. A questo si aggiunge l’attenta informazione sul percorso dell’artista, sui prezzi raggiunti dalle sue opere nelle aste oltre alla cultura personale e l’occhio di chi esegue la valutazione.
L’opera d’arte che secondo te riassume meglio lo Zeitgeist contemporaneo?
Non credo esista un’opera che possa avere questo ruolo oggi ed è davvero difficile avere una percezione di tutti i movimenti. Sono però molto felice del lavoro di Davide Cantoni, artista impegnato che seguo con grande passione da più di 10 anni e che pone l’attenzione su episodi realmente accaduti, rilevanti, tanto da essere riportati sulle prime pagine del NEW YORK TIMES. Per questa estrema attualità del suo lavoro, Cantoni è stato definito: cronista dell’arte.
Gli episodi che racconta sono importanti, ma fragili nella nostra memoria, tanto fragili che li riproduce come disegni su carta con le bruciature di una lente di ingrandimento che direzione i raggi del Sole. È dunque un elemento naturale che concettualmente, attraverso le mani dell’artista, rafforza le memorie collettive in una sorta di immaginario empatico, dove siamo spinti a ricordare chi siamo e forse chi vogliamo essere. Il mio pertanto è più un augurio che lo Zeitgeist di oggi non sia solo manifestazione di cinismo e di autoreferenzialità (non sia solo una banana!), ma che esprima con un linguaggio contemporaneo e stimolante valori in qualche modo utili alle persone, di cui una gran parte meno fortunata sembra avere sempre più bisogno.