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Jan Fabre ©  
(1958)

Adsum qui feci (I, here before you, am the guilty party) dalla serie 'Vanitas vanitatum, omnia vanitas', 2016

Firma dell'artista sul certificato
Ali di scarabeo gioiello su tavola
cm 164x219x4 (opera) - cm 172,2x227x8 (cornice)


Provenienza:
Deweer Gallery, Otegem, Belgio, come da certificato;
Collezione privata, Belgio

Esposizioni:
Belgian Thoughts, Märkisches Museum, Witten, Germania, dal 12 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020;
Jan Fabre - Kinight of Despair / Warrior of Beauty, State Hermitage Museum, San Pietroburgo, Russia, 2016;
Jan Fabre - Vanitas Vanitatum, Omnia Vanitas, Deweer Gallery, Otegem, Belgio, 2016

Bibliografia: 
Jan Fabre - Knight of Despair | Warrior of Beauty, The State Hermitage Museum, San Pietroburgo, Russia, 2016, pp. 109 e 123

Fotografia dell'opera autenticata dall'artista in data 20 maggio 2017


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Nato ad Anversa nel 1958, Jan Fabre è senz’altro uno degli artisti contemporanei più innovativi ed eclettici. Coreografo, regista, scenografo, ma anche autore di sculture, disegni, film, installazioni e performance radicali ha prodotto a partire dagli anni Settanta opere che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, dando forma e verità alle sue ossessioni con un senso della disciplina e della perfezione ineguagliabili. Artista visivo, artista teatrale e autore, usa le sue opere per speculare in modo rumoroso e tangibile sulla vita e la morte, le trasformazioni fisiche e sociali, nonché sull'immaginazione crudele e intelligente che è presente sia negli animali che negli esseri umani.

Influenzato dalle ricerche dell'entomologo, suo antenato, Jean-Henri Fabre (1823-1915), fin da giovanissimo l’artista fu affascinato dal mondo degli insetti e di altre creature. Infatti dal punto di vista tecnico "Adsum qui feci" (2016) è un mosaico realizzato con migliaia di ali cangianti di scarabeo gioiello verde, che donano all’opera un’estetica unica. L’opera è stata realizzata dall’artista per l’importante esposizione dal titolo “Jan Fabre: Knight of Despair / Warrior of Beauty” avvenuta tra ottobre del 2016 e aprile 2017 all’Hermitage di San Pietroburgo. Questa importante lavoro, il cui titolo latino tradotto significa “sono io che l’ho fatto”, appartiene alla serie “Vanitas Vanitatum, Omnia Vanitas” (“Vanity of Vanities, All is Vanity”) in cui la vanità e la fedeltà sono i due temi più importanti; temi comuni, come all’artista piace ricordare, nell’arte fiamminga del XVI e XVII secolo, così come nel lavoro del maestro barocco di Anversa Jacob Jordaens. Concetti ricchi di senso come la vanità e la fedeltà sono rappresentati nell’iconografia artistica attraverso numerosi simboli. Nell’opera qui presentata l’orologio simboleggia vanità e transitorietà, i cani invece simboleggiano la fedeltà, la lealtà, la devozione, e anche la sottomissione. In combinazione con una pletora di immagini che ritraggono il comportamento disinibito e puramente istintivo dei cani, è presto chiaro che il simbolo del cane rappresenta anche tutto ciò che l’uomo considera al di sotto della sua dignità. Il motivo della vanità è un tema ricorrente nell’opera visiva e teatrale di Jan Fabre: attraverso le sue combinazioni compositive di simboli di vanità e fedeltà, Fabre descrive la sua visione della transitorietà della vita terrena in modo molto penetrante: l’uomo deve impegnarsi in ideali che trascendono il temporale, come la bellezza.

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