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Daniel Buren © (1938)
Oggi, qui - E3, work in situ, 2008
Vernice su plexiglass e muro dipinto
dimensioni variabili (dimensione minima parete: cm 235x235)
Provenienza:
Studio Trisorio, Napoli,
ivi acquisito dall'attuale proprietario
Esibizioni:
Daniel Buren, Oggi, Qui, Studio Trisorio, Napoli, dal 18 settembre al 22 novembre 2008
Da installare su una parete di minimo 235x235 cm, sulla quale è disegnata una griglia di quadrati di 78,3x78,3 cm. Uno dei due quadrati deve essere dipinto di giallo (con vernice acrilica satinata, giallo segnale, RAL 1003) e gli altri di bianco. Quindi l'elemento in plexiglass trasparente deve essere posizionato sul quadrato bianco centrale con le sue strisce bianche verticali.
Un “Avvertissement-certificate” sarà redatto da Daniel Buren con il nome dell’acquirente
Photo-souvenir: Daniel Buren, Oggi, qui - E3, work in situ, September 2008.
Détail ©๏ธ DB-Adagp Paris
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Nato nel 1938 a Boulogne-Billancourt, Daniel Buren è uno dei protagonisti più influenti e innovativi dell’arte contemporanea, capace di superare i confini tradizionali della pittura e ridefinire il rapporto tra opera e spazio.
A partire dagli anni Ottanta, la sua ricerca si amplia verso una dimensione ambientale e architettonica, andando “oltre la tela” e coinvolgendo l’intero spazio circostante. Nasce così la nozione di “travail in situ” — opere concepite e realizzate per un luogo specifico (come una galleria o un museo), in dialogo diretto con l’ambiente che le ospita, ma libere poi di essere riprodotte altrove secondo le indicazioni dell’artista.
Un esempio emblematico di questa poetica è “Oggi, qui – E3, travail in situ”, installazione del 2008 composta da pittura su plexiglass e muro dipinto di arancione, realizzata in occasione della mostra “Oggi, Qui” presso lo Studio Trisorio di Napoli. In quell’occasione, sulle pareti si alternavano quadrati bianchi a campiture di cinque differenti colorI in un dialogo vibrante tra forma e luce. L’opera si configurava come una nuova, decisa affermazione dell’autonomia del colore, della sua irriducibilità a qualsiasi altro linguaggio espressivo. In questa consapevolezza si racchiude la poetica di Daniel Buren: un’arte che interroga continuamente il proprio spazio, il proprio ruolo e il proprio tempo, trasformando l’ambiente in parte viva e inscindibile dell’opera stessa.
Solo pochi anni prima, a Napoli, Buren aveva firmato un altro intervento di grande impatto: la colorazione del palazzo dell’Arin a Ponticelli, quartiere della periferia orientale della città. Anche in questo caso, l’artista rifletteva sul potere politico e sociale del colore, mettendo in guardia contro un’arte che lo utilizzi in modo puramente decorativo o consolatorio, rischiando di divenire complice delle forze conservatrici. Il confine tra un’arte autenticamente democratica e progressiva e una forma estetica assorbita dalle strategie del potere, osserva Buren, resta oggi quanto mai sottile e problematico.
«Quando ho deciso di lavorare in situ, mi sono subito reso conto che entravo in un campo lasciato quasi incolto sin dal Rinascimento, e le cui opportunità di ricerca e di sperimentazione erano immense», ha dichiarato l’artista in un’intervista con Alberto Fiz per Flash Art.