In una comunicazione scritta ai proprietari, del febbraio 2025, il prof. Pier Luigi Leone De Castris ritiene che il
dipinto qui presentato sia “un’opera notevole per qualità e interesse del pittore francese Valentin De Boulogne (Coulommiers 1591- Roma 1632) attivo a Roma sin dal 1609”.
Il dipinto, tradizionalmente attribuito nella collezione di provenienza al pittore valenzano attivo a Roma e a Napoli Jusepe de Ribera (Xativa 1591-Napoli 1652) viene collocato dal professore De Castris intorno al 1625, negli anni della maturità dell’artista francese, in seguito ad un’analisi approfondita dell’opera, esaminata dal vero. Lo studioso, a supporto dell’attribuzione e della datazione, propone come possibili confronti “il Mosè del Kunsthistoriches Museum di Vienna, il San Marco del castello di Versailles o il San Giuseppe e l’Angelo di collezione privata, tutti e tre caratterizzati da una stessa formula di naturalismo caravaggesco fortemente lumeggiato, attenta alla resa delle rughe e della vecchiezza dei corpi, dei volumi, delle carte, sensibile alle soluzioni proposte da Ribera a Roma negli anni fra il 1613 e il 1616, ma connotate anche da tratti originali e propri dell’artista, ad esempio nei gesti e le attitudini parlanti delle figure e nella resa delle barbe canute e delle lunghe ciocche di capelli arricciolati. I tre dipinti citati sono tutti datati dalla critica tra il 1624 e il 1627 e questa appare anche essere la data del presente San Girolamo, tema con cui più volte Valentin si è misurato”
Bibliografia di confronto: M. Mojana, Valentin de Boulogne, Milano 1989, pp 103, 107, 131 n.25, 27, 39
K. Christiansen- A. Lemoine Valentin de Boulogne. Reinventer Caravage catalogo della mostra Parigi 1997, pp 164- 186, nn 27-29, 35